Il primo giorno di scuola (materna o elementare) di tuo figlio ti permette di riacquisire almeno in parte quella libertà che avevi perduto nei suoi primi anni di vita. Tutto d'un tratto, non è più un bimbo che ha appena cominciato a camminare: ormai ha tre o sei anni, e sta per vivere le prime esperienze fuori casa. Se da un lato è un momento entusiasmante, può anche risultare stressante sia per lui sia per te, quindi attenuare l'agitazione del primo giorno deve essere una priorità. Una buona organizzazione e pianificazione ti aiuteranno non poco sul percorso, così come ti sarà utile prestare attenzione ai segnali di ansia che dimostra il piccolo e mirare ad attenuare tutto quello che può provocare nervosismo.
Visitate in anticipo la scuola Molti istituti incoraggiano gli studenti e i genitori ad andare sul posto prima che inizino le lezioni. In questo modo, tutta la famiglia può conoscere l'ubicazione, l'organizzazione e l'aspetto della struttura. In particolare, osserva la classe, il bagno e la mensa. Toccare con mano la realtà rassicurerà sia te sia lui. Inoltre, potrai parlare degli aspetti legati all'aula, al cortile, alla mensa o ad altri spazi con il bambino sin da prima che cominci l'anno e quando rincaserà da scuola, perché saprai a cosa si starà riferendo. Conosci le maestre Se possibile, è molto importante presentarti in anticipo. In questo modo, sia tu sia il bimbo vi sentirete a vostro agio: è sempre meglio sapere chi è l'insegnante prima che inizi l'anno scolastico. Inoltre, questo rassicurerà il bambino, perché il primo giorno di scuola riconoscerà immediatamente un volto familiare. Procurati il regolamento scolastico È importante conoscere sin da subito le aspettative dell'istituto. Richiedi una copia e leggilo bene. Se hai domande sulle regole, le raccolte di fondi per le recite e così via, informati il prima possibile al riguardo. È inoltre importante rivedere le norme con tuo figlio, così sarà consapevole di cosa aspettarsi e saprà come comportarsi in classe. Andate a comprare insieme i materiali scolastici Gran parte del divertimento sta proprio nei giretti fatti in cartoleria, e dovrebbe essere un'esperienza condivisa con i propri genitori. Seguendo la lista che ti ha dato la scuola, sprona il bambino a indicarti gli articoli che preferisce (nei limiti del possibile). In linea di massima, sarà lui a scegliere lo zaino, l'astuccio, i quaderni e gli adesivi, che gli permetteranno di personalizzare le sue cose. Se è la scuola a offrire tutto l'occorrente (questo succede soprattutto all'asilo), puoi comunque comprargli oggetti adatti ai suoi gusti, come l'astuccio o lo zaino. Richiedi gli orari delle lezioni Averli ti permetterà di discutere delle attività quotidiane con tuo figlio prima ancora che inizi la scuola. Crea una tabella annotando gli impegni di tuo figlio in una colonna e i tuoi nell'altra: in questo modo, il bimbo inizierà a capire le connessioni tra le attività quotidiane da svolgere e che tutti abbiamo una routine da seguire. Sii organizzato È veramente importante implementare una routine fondata su una buona organizzazione sin dall'inizio, sia per te sia per il bambino. Preparate insieme lo zaino con tutto l'occorrente. Scegliete quello che indosserà la mattina dopo (o appoggiate l'uniforme su una sedia). Al mattino, è ideale svegliarsi presto e ultimare i preparativi (come preparare il pranzo al sacco se il bimbo si fermerà a scuola tutta la giornata). In questo modo, tuo figlio parteciperà e imparerà a nutrirsi bene; con il passare degli anni, prenderà l'abitudine di fare tutto da solo. Le consuetudini imparate da piccoli sono durature. Rassicuralo Prima che inizi l'anno, trascorrete del tempo insieme parlando della scuola, dell'amore che nutri nei confronti dell'apprendimento e delle amicizie che nascono tra i banchi. Stimola la sicurezza del bambino raccontandogli esperienze positive e tutto quello che gli piacerà di questa tappa. Sostienilo, ma impara anche a dargli autonomia Il primo giorno, abbraccialo e rassicuralo spesso, ma non perdere il tuo equilibrio e lascia che viva l'esperienza in maniera indipendente. Se finora hai fatto un buon lavoro enfatizzando gli aspetti positivi della scuola e l'hai coinvolto in tutti i preparativi, dovrebbe essere un'opportunità emozionante e divertente e tuo figlio probabilmente avrà voglia di andarci. Digli che lo aspetterai all'uscita e assicurati di essere puntuale. Consigli
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Sono qui seduta a fissare il segnalibro più bello che abbia mai posseduto, che ho attaccato di fianco allo schermo del computer. È la foto di una madre che abbraccia una bambina, con in fondo una citazione di Charles Dickens: «Non è cosa da poco, l’amore di questi piccoli venuti freschi freschi da Dio». Appena l’ho letta, quella citazione mi ha elettrizzato e ho deciso di usare il segnalibro per il mio prossimo progetto di lettura. Purtroppo, non l’ho messo subito al sicuro ed è rimasto, in attesa di quel futuro glorioso, sulla scrivania, proprio all’altezza giusta per essere scoperto e raccolto in fretta da una personcina bassa e carina: la mia bambina di tre anni. Il segnalibro aveva una piccola incisione triangolare sul lato superiore, per poterlo agganciare in cima alla pagina e tenere il segno. Quando ho notato che Kimberley l’aveva trovato, l’aveva già afferrata e strappata via per sbaglio. Sapevo che era stato un gesto innocente. Era chiaro: non voleva strapparlo intenzionalmente; stava solo cercando di vedere come funzionava. Ma siccome mi c’ero affezionata così tanto, mi è rimasta un po’ d’angoscia dentro. Le ho strappato i pezzi di mano e li ho messi via. Più tardi, dopo aver messo Kimberley a letto, ho preso i due pezzi del segnalibro e ho riletto la citazione. Improvvisamente l’intera esperienza mi ha colpito in maniera completamente diversa. Il segnalibro doveva proprio essere intero per essere speciale? Potevo rimetterlo insieme con un po’ di nastro adesivo e sarebbe stato quasi come nuovo – forse anche meglio di prima perché aveva qualcosa di nuovo: la prova di essere stato toccato da quelle manine che amo così tanto. Adesso quel segnalibro è due volte più speciale per me, adesivo e tutto. Sforziamoci di vedere le cose che sono, come dovrebbero essere; e poiché viviamo in un mondo imperfetto, accontentiamoci di gioire di quell’imperfezione, così che ogni tessera degli avvenimenti della giornata possa unirsi alle altre per formare il prodotto finale di una vita ricca e piena – non nella bellezza inespressiva della perfezione, ma nella pienezza dell’amore. —Anonimo Per gentile concessione della rivista Contatto. Utilizzato con il permesso.
z—Un adattamento natalizio di 1 Corinzi 13 Se decoro perfettamente la mia casa di rami d’agrifoglio, fili di luci intermittenti e palline colorate, ma non mostro amore, sono solo un’altra decoratrice. Se lavoro in cucina come una schiava, preparando biscotti e pasti da gourmet e apparecchiando a meraviglia la tavola, ma non mostro amore, sono solo un’altra cuoca. Se lavoro in una mensa per disagiati, eseguo canti natalizi nelle case per anziani e do in beneficenza tutto quel che ho, ma non mostro amore, non mi giova nulla. Se addobbo l’albero con angeli luccicanti e fiocchi di neve all’uncinetto, se partecipo a una miriade di feste e canto nel coro, ma non mi concentro su Cristo, non ho capito niente. L’amore smette di cucinare per abbracciare un bambino. L’amore accantona le decorazioni per dare un bacio al marito. L’amore è gentile anche quando è stanco e assillato. L’amore non invidia la casa di un’altra che dispone di un servizio di porcellana e di tovaglie di lino. L’amore non grida ai bambini di togliersi di mezzo, ma è grato che siano lì. L’amore non dà solo a chi è in grado di restituire, ma gioisce nel dare a chi non può farlo. L’amore sopporta ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. L’amore non viene mai meno. I DVD verranno graffiati, i giocattoli dimenticati, le sciarpe e i berretti persi, un computer nuovo avrà una versione più recente, ma il dono dell’amore durerà per sempre. Per gentile concessione della rivista Contatto. Utilizzato con il permesso. Foto: Krystine Lovett/Flickr
Keith Phillips
Crescendo, l’ultima cosa che mi sarei aspettato era di diventare un giornalista. Tanto per cominciare, ero un pessimo studente. Pessimo e infelice. Fin quasi dal primo giorno della prima elementare ebbi difficoltà a stare al passo col resto della classe; scrivere poi non fu mai uno dei miei migliori talenti, almeno non fi no alle superiori. La persona che fece la differenza fu mio padre. Era stato corrispondente di guerra durante la Seconda Guerra Mondiale e poi cronista di un giornale per diversi anni. Aveva cambiato carriera per provvedere meglio alla sua famiglia in aumento, ma gli era rimasto il giornalismo nelle ossa. Quando si off rì di battere a macchina uno dei miei temi scritti a mano, si rese conto delle mia incapacità e si mise subito all’opera. Quando mi spiegò cosa andava migliorato e perché, cominciai ad aff errare il concetto. Nei due anni successivi i miei voti migliorarono e guadagnai fi ducia in me stesso, il che portò poi a migliorare i miei voti in altre materie. Dovevano passare altri venticinque anni prima che tentassi di fare qualcosa di più con quello che mio padre mi aveva insegnato, ma quando mi ci dedicai mi accorsi con sorpresa che la passione per riempire di parole una pagina era stata contagiosa. Ed ora eccomi qui, in gran parte grazie a mio padre, a fare una cosa che mi piace fare, in un gruppo affi atato e pieno di talenti, per un Dio che amo e per una rivista in cui credo. Cosa potrei volere di più? Questa è la mia storia e questo è mio padre. Le due cose ora sembrano inseparabili e penso che fosse così che Dio voleva che succedesse. Un buon padre contribuisce a fare di noi ciò che siamo. È uno dei doni speciali di Dio ed essere padri è una vocazione speciale.
Per gentile concessione della rivista Contatto. Utilizzato con il permesso: Foto: Pat Belanger/Flickr
Le famiglie di oggi hanno più potere che mai per aiutare a salvare la Terra da rifiuti umani e inquinamento. Leggi queste istruzioni per conoscere solo alcune delle cose divertenti e utili che puoi fare per rendere la Terra un po' più verde per tutti noi.
La pubblicità in genere fa vedere qualcosa di più oltre all’oggetto da vendere. L’annuncio di una piscina gonfiabile può mostrare una famiglia felice che si diverte a sguazzare nell’acqua. Ma se compri la piscina, avrai anche una famiglia felice? Stavo decidendo di prendere una piscinetta del genere per i miei figli e ho dovuto spiegar loro che c’è sempre qualcosa di più dell’apparenza. Per esempio, dopo una giornata di salti e tuffi, l’acqua della piscina diventa fredda e sporca; ripulirla è un lavoraccio. Se non si sgonfia la piscina ogni volta che la si usa, l’erba sottostante ingiallisce, appassisce e può finire per marcire e puzzare. Li ho avvertiti che il divertimento della piscina sarebbe dipeso in gran parte da loro e da quanto erano disposti a tenerla pulita, ad aspettare il clima giusto e ad avere pazienza mentre viene gonfiata e riempita d’acqua. Stessa cosa per i blocchi Lego. Quando i miei figli vedono la pubblicità dei blocchetti colorati, sono immediatamente ansiosi di costruire la navetta spaziale o l’aereo; ma per quanto le foto siano attraenti e i modelli sembrino divertirsi, la felicità non verrà dai blocchi di plastica — quella è una cosa che devono fornire quelli che ci giocano. Quando le loro creazioni si rompono — come capita a tutte le costruzioni Lego — i miei figli hanno bisogno dell’ottimismo e dell’allegria necessari a non infastidirsi e della perseveranza per ricominciare. Queste qualità non sono incluse nella scatola, ma senza di esse ci saranno delusioni invece di sorrisi. Le cose, le posizioni e gli oggetti materiali da soli non possono portare la felicità. Non ci sono negozi di «gioia». È una cosa che viene da dentro, da una vita di condivisione e gentilezza, e da Gesù, la fonte dell’amore. Lui può aiutarci a pensare più agli altri che a noi stessi. Godetevi la piscina se ne avete una, ma non fatevi ingannare da una pubblicità abbagliante. La vita è quello che ne fate voi. Se avete gioia nel cuore, il resto è tutto un extra. Per gentile concessione di rivista Contatto. Usato con permesso. Foto di Ted via Flickr.
Chalsey Dooley Lo scorso Natale quella scintilla magica non arrivò mai. Non avevo voglia di decorare l’albero e non volevo nemmeno il senso di colpa e lo stress che mi sarebbero venuti per la fretta e l’ansia di «dare un significato alla festa». Quest’anno, però, è stato diverso. Anzi, abbiamo cominciato a prepararci in luglio! Che cosa c’è stato di diverso? Io e i bambini abbiamo stabilito il piano di fare a Gesù 1.001 regali entro il suo compleanno e da quel momento gliene abbiamo fatti uno ogni giorno. Un lato della porta della nostra cucina è coperto da elenchi e diagrammi, e ci sono parecchie centinaia di crocette e adesivi per indicare i regali che gli abbiamo già fatto! C’è un grafico per le buone azioni fatte per aiutare gli altri. Ce n’è un altro per i versetti biblici imparati. Un altro ancora per le lettere scritte per ispirare gli amici. Un altro ancora per le volte che ci siamo fermati a dedicare un po’ di tempo a Gesù. Sono solo alcuni dei regali che gli stiamo facendo per Natale. Quest’anno la stagione natalizia è cominciata con alcuni mesi d’anticipo ed è bellissimo. Non c’è fretta, né pressione, né sensi di colpa e siamo più concentrati. Stiamo raggiungendo i nostri obiettivi e usando il nostro tempo per rendere felici Lui e gli altri. I grafici sono quasi tutti completati e quando lo saranno ne metteremo ognuno in una scatoletta ben confezionata e lo depositeremo sotto l’albero. Sono doni fatti dal cuore e ognuno rappresenta tempo, amore e impegno che siamo sicuri Lui sarà lieto di ricevere. Sappiamo già cosa sarà il millunesimo regalo: una semplice candela di compleanno. L’accenderemo per un momento ogni giorno mentre pregheremo che altri in tutto il mondo possano conoscere l’amore di Gesù. Anche queste preghiere sono regali che possiamo offrire a chi ci ha offerto tutto di Sé. Per gentile concessione di rivista Contatto. Usato con permesso. Foto: MollySabourin/Flickr
Iris Richard Sono nata nel 1955, solo dieci anni dopo la II Guerra Mondiale, quando le difficoltà della guerra erano ancora fresche nella mente della gente. Mio nonno raccontava a noi bambini la fame e la stanchezza di quei giorni e gli sforzi per sopravvivere nei lunghi mesi di gelo invernale. La nostra cittadina era nel cuore della zona industriale della Germania e tutto era coperto da una patina quasi permanente di polvere marrone proveniente dalle acciaierie. In primavera l’erba e i germogli diventavano marroni molto in fretta e la neve fresca in inverno faceva lo stesso; il suo mantello era già sporco dopo un solo giorno. La prima domenica di dicembre, la nostra famiglia si riuniva sempre intorno al tavolo nella piccola cucina del nostro appartamento. Mia madre, mia sorella Petra ed io accendevamo la prima candela della nostra ghirlanda di Natale e cantavamo canti natalizi, mentre i nostri pensieri correvano lontano da quella città polverosa fino ai tre re magi in viaggio sui loro cammelli. Ogni settimana accendevamo una candela nuova; pace e gioia riempivano i nostri cuori e la storia della mangiatoia che aspettava la nascita del nostro Salvatore prendeva vita. Dopo una lunga attesa, arrivava finalmente la grande occasione della preparazione dei dolci, una cosa molto speciale, perché burro, noci e uova arrivavano di rado e il cioccolato era una sorpresa rara. Con il loro profumo delizioso ancora nell’aria, mettevamo via accuratamente ogni infornata di biscotti in grandi scatole di latta. La mattina di Natale, ci alzavamo per vedere l’albero, preparato la notte prima dai nostri genitori. C’infilavamo tutti nel soggiorno, mentre papà accendeva a una a una le candele con un lungo fiammifero. Che gioia trovare le calze piene di biscotti, noci, cioccolato, arance e mele, e vestiti nuovi per le nostre bambole! C’erano anche pastelli e album da colorare, berretti, guanti e sciarpe. Erano i giorni delle gioie semplici e dei giocattoli fatti a mano. Questi ricordi servono a ricordarmi di cercare i valori veri, il tocco umano, le cose che durano — specialmente nei giorni in rapido movimento in cui viviamo oggi, pieni di aggeggi tecnologici e attività fatte su uno schermo. Mi ricordano anche di tenere gli occhi aperti per vedere i bisogni degli altri, per amare e dare. È questo che rende veramente indimenticabile questa stagione, lasciando un segno importante nei ricordi dei nostri figli e delle persone che incontriamo. Per gentile concessione di rivista Contatto. Foto: Celeste Lindell/Flickr.
Jessica Roberts Nel bel mezzo di una lezione di matematica, uno dei miei alunni di seconda ha fatto questa sorprendente aff ermazione: «Dio non esiste!» Considerando che eravamo in una scuola cristiana e che Martin era il fi glio di un pastore protestante, mi sono chiesta come fosse arrivato a questa conclusione durante la mia lezione. Gliel’ho chiesto e immediatamente lui ha risposto: «Mio papà dice che ci sono Dio, Gesù e lo Spirito Santo, ma anche che c’è un solo Dio. Non ha senso». Che fare? Ero sicura che menti più eccelse di Martin avessero contemplato la Santa Trinità, incontrando lo stesso problema, ma al momento preferivo restare nel campo delle moltiplicazioni. «Martin, stiamo facendo matematica. Possiamo parlarne più tardi». «Ma è un problema di matematica» replicò Martin. «Tre non è lo stesso che uno!» Quale genitore o insegnante non è caduta in una simile imboscata? Dalla bocca dei bambini escono molte domande diffi cili. Ho imparato che in casi del genere la cosa migliore da fare è chiedere saggezza a Dio, perché quella che potrei interpretare come sfacciataggine o spirito di contraddizione da parte del bambino potrebbe essere invece curiosità innata ispirata da Dio e una grande opportunità di insegnamento. Le mie conoscenze di teologia non mi sembravano abbastanza aggiornate per spiegare a Martin e ai suoi compagni il concetto della Trinità. ... L’intervallo! Salvata dalla campana! Nei dieci minuti successivi, mentre i bambini giocavano, io pregai. E mi venne in mente una risposta. Era un po’ semplicistica e probabilmente diversa da come l’avrebbero spiegata Sant’Agostino o altri pensatori cristiani, ma funzionò con Martin e gli altri quando riprendemmo la lezione di matermatica. «La Bibbia chiama Gesù “la Rosa di Sharon”», spiegai loro. «Dio è come la radice della pianta di rose. È nascosto, ma è da lì che ha avuto origine ed è nata la rosa. Gesù è come il fi ore. È la parte visibile dell’amore di Dio che possiamo “vedere” e sentire. Lo Spirito Santo è come la linfa che scorre nella pianta e la mantiene viva. Tre aspetti, ma la stessa pianta di rose. Capite?» Immagino che Martin avrà domande ancora più diffi cili in futuro e naturalmente anch’io ne ho tante. Grazie al cielo Dio risponde sempre quando gli chiediamo qualcosa con sincerità. Può darci una spiegazione semplice e diretta come quella che mi diede per Martin, oppure una più complicata, oppure può darci semplicemente la pace di accettare quello che non possiamo ancora capire. Per gentile concessione di rivista Contatto. Usato con permesso.
Ricordate il vecchio adagio “il silenzio è d’oro”? Come genitori abbiamo qualche difficoltà con questo concetto. Crediamo che quando un bambino dice qualcosa stia implicitamente chiedendo una risposta. E naturalmente noi l’accontentiamo, pensando che la comunicazione con nostri figli sia importante. Ma ecco qua un concetto nuovo: Non dovete per forza risponde a ogni commento che esce dalla bocca di vostro figlio. A volte la forma di comunicazione più efficace è restare in silenzio. Ci sono momenti in cui va benissimo che vostro figlio abbia la prima, l’ultima e l’unica parola. Questo vale specialmente per quelle volte in cui i bambini se ne escono con “annunci” che suonano molto simili a lamentele, forse anche commenti che vi danno ingiustamente la colpa di qualcosa. Tipicamente i genitori reagiscono a questi commenti facendo suggerimenti, chiarendo le cose o semplicemente dimostrando il loro disaccordo. Ma queste osservazioni apparentemente innocenti hanno la probabilità di innescare una lotta per il potere, dato che senza volerlo spingono i bambini ad affermare il loro punto con fermezza ancora maggiore. Invece di intervenire, state semplicemente ad ascoltare. Dimostrate di prestare attenzione, ma non sentitevi costretti a fare dei commenti quando non è necessario. Ricordate che il silenzio spesso è un valido mezzo di comunicazione. […] Il silenzio è un modo di riconoscere il problema di vostro figlio senza diventarne parte. Non vuol dire comportarsi in maniera ostile o scoraggiante; allo stesso tempo non vi trasformate in un bersaglio per la rabbia di vostro figlio. Che ci crediate o no, la maggior parte delle volte i bambini dicono le cose solo per togliersi un peso dallo stomaco e non si aspettano nessuna reazione da parte vostra. Ricordatevi quelle espressioni sottovalutate e facili da dimenticare — “ah”, “mmmh”, “davvero” — piccoli salvagente che evitano un litigio. Queste paroline trascurate sono tanto versatili quanto brevi. Potete usarle in molti modi. Il segreto sta nel tono della voce e nel modo di usare la punteggiatura nella battuta. Potete usare un punto fermo, per dire: “Qui finisce la discussione”; un punto esclamativo, per dire: “Il tuo commento mi ha fatto una buona impressione”; o anche un punto interrogativo, per dire: “Vorrei davvero qualche altra informazione”. Quando usate abilità pratiche come “il silenzio è d’oro” e “mantieni le cose brevi e semplici”, potete: bloccare una battaglia prima che inizi dire a vostro figlio che l’avete sentito evitare di mettervi sulla difensiva evitare di essere coinvolti in una questione che non avete intenzione di risolvere. —Evonne Weinhaus and Karen Friedman1 * L’importanza di sviluppare la nostra capacità di ascolto viene confermata da Giacomo, un uomo che conosceva Gesù da vicino: “Ogni uomo sia pronto ad ascoltare, lento a parlare”. I due comandamenti concisi all’inizio di questo versetto calzano perfettamente tra di loro. Quando troviamo il tempo di ascoltare con sensibilità, evitando l’errore di rispondere con affermazioni autoritarie, è molto meno facile che i nostri figli rispondano in modo antipatico e tenendosi sulla difensiva. Di conseguenza questo riduce la tensione e può contribuire a evitare uno scambio di parole arrabbiate. —Dott. Bob Pedrick3 * Ascoltate le mie parole, riguardo ai vostri figli. È un regalo che vi faccio per rendervi più facile il compito di genitori. È un buono che non scade mai, non ha limiti di valore e può esser riscosso in qualsiasi posto e in qualsiasi momento. Posso farvi vedere perché i vostri figli si stanno comportando come fanno, i loro motivi, la radice del problema e la sua soluzione. Posso darvi le parole che li aiuteranno e li ispireranno. Posso indicarvi i punti buoni su cui complimentarvi con loro e farvi notare i punti deboli su cui dovete lavorare con loro. Posso consolarvi e incoraggiarvi quando siete stanchi e scoraggiati, e darvi pazienza e fede quando ne avete bisogno. —Gesù in profezia * I bambini si comportano con maggior responsabilità e maturità se parliamo loro con lo stesso rispetto che dimostreremmo a un adulto. Se un bambino sente che ci aspettiamo che si comporti in maniera responsabile, sarà più disposto a cercare di essere all’altezza delle vostre aspettative. Dovremmo cercare il più possibile di metterci nei loro panni e comunicare con loro nel modo in cui vorremmo che si facesse se fossimo al loro posto. —Maria Fontaine * Come vi sentireste se qualcuno [in una posizione d’autorità sopra di voi] si arrabbiasse con voi e gridasse? Probabilmente vi fareste piccoli piccoli fino a scomparire. Aggiungeteci un pubblico e vi sentireste verbalmente alla gogna. Probabilmente fareste molto in fretta ciò che quella persona autorevole voleva, ma la detestereste per avervi messo in imbarazzo. Sotto questo aspetto i bambini non sono molto diversi dagli adulti. Non gradiscono essere sminuiti e disprezzati, specialmente di fronte ad altri. Sarebbe meglio se riusciste a fermarvi prima di arrabbiarvi così tanto da aver voglia di gridare. Eccovi alcune idee: Se vostro figlio o vostra figlia non vi presta attenzione dopo la prima o la seconda volta che parlate, cercate di abbassare la voce invece di alzarla. Avvicinatevi al bambino, guardatelo negli occhi e sussurrate il vostro messaggio. Oppure potete provare il metodo del silenzio. Avvicinatevi a vostro figlio e fermatevi accanto a lui, senza dire niente finché non si volta guardarvi. Quando avete tutta la sua attenzione, fate la vostra richiesta. A volte appoggiare leggermente la mano sulla sua spalla e aspettare un po’ attirerà la sua attenzione. Una volta che avete l’attenzione di vostro figlio, esprimete la vostra richiesta in modo chiaro e fermo. Poi assicuratevi di controllare che faccia ciò che volete. Così facendo vi accorgerete che ubbidirà di più, senza effetti collaterali pericolosi; e vi sentirete molto meglio per aver tenuto a bada il vostro carattere! —Dott. Kay Kuzma * Vi sedete mai con vostro figlio o vostra figlia a parlare per qualche minuto dei suoi interessi e delle sue preoccupazioni? Trovare qualche minuto ogni giorno per farlo avrà ottimi risultati per la formazione di un rapporto di affetto e fiducia con loro. Di cosa potete parlare? Cos’è che interessa di più a vostro figlio? Chi è un abile conversatore vi dirà che potete parlare per ore con qualsiasi persona di qualunque età, a qualunque livello intellettuale, bambina o adulta che sia, e mantenerla affascinata. Dovete soltanto dimostrare un interesse sincero per quella persona e fare domande che vi aiuteranno a capire quali sono i suoi interessi. Che cosa fa una persona? Come lo fa? Che cosa le piace? Perché? Se voi volete che gli altri dimostrino un’attenzione sincera alle cose che v’interessano, pensate a quanto più vostro figlio vuole che voi, come genitori, le persone più importanti al mondo per lui, dimostrino quell’attenzione affettuosa per i suoi interessi. Ma che cosa esattamente dovreste dire, quando dedicate quei pochi momenti preziosi a parlare con vostra figlia? Dipende da quello che ha fatto. È appena tornata a casa da scuola? È ora di leggerle una storia prima di andare a letto? Ha appena rotto uno dei vostri piatti preferiti? Sta facendo i capricci? Vi ha risposto in modo sfacciato? È appena tornata a casa piangendo perché alcune amiche sono state sgarbate con lei? Cominciate dalla circostanza in cui vi trovate. È sempre un buon punto di partenza, perché in quel momento è la prima cosa che il bambino o la bambina ha in mente. Poi proseguite da lì. —V. Gilbert Beers Per gentile concessione di Anchor. Foto di Dadblunders via Flickr.
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