Aggiornato 15 dic 2023
Buon Natale! In questa lista, troverete una collezione di storie, attività e pagine da colorare, che contribuiranno a portare lo spirito del vero Natale nella vita dei vostri bimbi in questo periodo di feste. L’argomento centrale delle storie è il vero significato del Natale; esse sono tese a promuovere atti d’amore e compassione e ispirano fede in Dio. Le pagine da colorare e le altre attività sono divertenti per i piccoli e danno loro qualcosa di stimolante da fare durante le festività, e al tempo stesso rafforzano valori positivi. Storie, libri, fumetti e videos 1 – 4 anni
5 – 7 anni
8 – 11 anni
Video
Colorare e Attività
Foto: Wikimedia Commons
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Al centro del Natale c’è il Bambino di Betlemme, nato in questo mondo, spesso freddo e ostile, per scaldarci con l’amore del suo Padre celeste. Fu un bambino ad aprire la prima celebrazione del Natale e sono i bambini che la mantengono viva in maniera speciale.
Tutti i libri e le pagine da colorare possono essere scaricati in formato .pdf. Puoi usarli a casa, in chiesa o in altri ambienti. Buon Natale!
Storie e libri di Natale
Video di Natale Disegni da colorare e semplici attività z—Un adattamento natalizio di 1 Corinzi 13 Se decoro perfettamente la mia casa di rami d’agrifoglio, fili di luci intermittenti e palline colorate, ma non mostro amore, sono solo un’altra decoratrice. Se lavoro in cucina come una schiava, preparando biscotti e pasti da gourmet e apparecchiando a meraviglia la tavola, ma non mostro amore, sono solo un’altra cuoca. Se lavoro in una mensa per disagiati, eseguo canti natalizi nelle case per anziani e do in beneficenza tutto quel che ho, ma non mostro amore, non mi giova nulla. Se addobbo l’albero con angeli luccicanti e fiocchi di neve all’uncinetto, se partecipo a una miriade di feste e canto nel coro, ma non mi concentro su Cristo, non ho capito niente. L’amore smette di cucinare per abbracciare un bambino. L’amore accantona le decorazioni per dare un bacio al marito. L’amore è gentile anche quando è stanco e assillato. L’amore non invidia la casa di un’altra che dispone di un servizio di porcellana e di tovaglie di lino. L’amore non grida ai bambini di togliersi di mezzo, ma è grato che siano lì. L’amore non dà solo a chi è in grado di restituire, ma gioisce nel dare a chi non può farlo. L’amore sopporta ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. L’amore non viene mai meno. I DVD verranno graffiati, i giocattoli dimenticati, le sciarpe e i berretti persi, un computer nuovo avrà una versione più recente, ma il dono dell’amore durerà per sempre. Per gentile concessione della rivista Contatto. Utilizzato con il permesso. Foto: Krystine Lovett/Flickr Chalsey Dooley Lo scorso Natale quella scintilla magica non arrivò mai. Non avevo voglia di decorare l’albero e non volevo nemmeno il senso di colpa e lo stress che mi sarebbero venuti per la fretta e l’ansia di «dare un significato alla festa». Quest’anno, però, è stato diverso. Anzi, abbiamo cominciato a prepararci in luglio! Che cosa c’è stato di diverso? Io e i bambini abbiamo stabilito il piano di fare a Gesù 1.001 regali entro il suo compleanno e da quel momento gliene abbiamo fatti uno ogni giorno. Un lato della porta della nostra cucina è coperto da elenchi e diagrammi, e ci sono parecchie centinaia di crocette e adesivi per indicare i regali che gli abbiamo già fatto! C’è un grafico per le buone azioni fatte per aiutare gli altri. Ce n’è un altro per i versetti biblici imparati. Un altro ancora per le lettere scritte per ispirare gli amici. Un altro ancora per le volte che ci siamo fermati a dedicare un po’ di tempo a Gesù. Sono solo alcuni dei regali che gli stiamo facendo per Natale. Quest’anno la stagione natalizia è cominciata con alcuni mesi d’anticipo ed è bellissimo. Non c’è fretta, né pressione, né sensi di colpa e siamo più concentrati. Stiamo raggiungendo i nostri obiettivi e usando il nostro tempo per rendere felici Lui e gli altri. I grafici sono quasi tutti completati e quando lo saranno ne metteremo ognuno in una scatoletta ben confezionata e lo depositeremo sotto l’albero. Sono doni fatti dal cuore e ognuno rappresenta tempo, amore e impegno che siamo sicuri Lui sarà lieto di ricevere. Sappiamo già cosa sarà il millunesimo regalo: una semplice candela di compleanno. L’accenderemo per un momento ogni giorno mentre pregheremo che altri in tutto il mondo possano conoscere l’amore di Gesù. Anche queste preghiere sono regali che possiamo offrire a chi ci ha offerto tutto di Sé. Per gentile concessione di rivista Contatto. Usato con permesso. Foto: MollySabourin/Flickr
Iris Richard Sono nata nel 1955, solo dieci anni dopo la II Guerra Mondiale, quando le difficoltà della guerra erano ancora fresche nella mente della gente. Mio nonno raccontava a noi bambini la fame e la stanchezza di quei giorni e gli sforzi per sopravvivere nei lunghi mesi di gelo invernale. La nostra cittadina era nel cuore della zona industriale della Germania e tutto era coperto da una patina quasi permanente di polvere marrone proveniente dalle acciaierie. In primavera l’erba e i germogli diventavano marroni molto in fretta e la neve fresca in inverno faceva lo stesso; il suo mantello era già sporco dopo un solo giorno. La prima domenica di dicembre, la nostra famiglia si riuniva sempre intorno al tavolo nella piccola cucina del nostro appartamento. Mia madre, mia sorella Petra ed io accendevamo la prima candela della nostra ghirlanda di Natale e cantavamo canti natalizi, mentre i nostri pensieri correvano lontano da quella città polverosa fino ai tre re magi in viaggio sui loro cammelli. Ogni settimana accendevamo una candela nuova; pace e gioia riempivano i nostri cuori e la storia della mangiatoia che aspettava la nascita del nostro Salvatore prendeva vita. Dopo una lunga attesa, arrivava finalmente la grande occasione della preparazione dei dolci, una cosa molto speciale, perché burro, noci e uova arrivavano di rado e il cioccolato era una sorpresa rara. Con il loro profumo delizioso ancora nell’aria, mettevamo via accuratamente ogni infornata di biscotti in grandi scatole di latta. La mattina di Natale, ci alzavamo per vedere l’albero, preparato la notte prima dai nostri genitori. C’infilavamo tutti nel soggiorno, mentre papà accendeva a una a una le candele con un lungo fiammifero. Che gioia trovare le calze piene di biscotti, noci, cioccolato, arance e mele, e vestiti nuovi per le nostre bambole! C’erano anche pastelli e album da colorare, berretti, guanti e sciarpe. Erano i giorni delle gioie semplici e dei giocattoli fatti a mano. Questi ricordi servono a ricordarmi di cercare i valori veri, il tocco umano, le cose che durano — specialmente nei giorni in rapido movimento in cui viviamo oggi, pieni di aggeggi tecnologici e attività fatte su uno schermo. Mi ricordano anche di tenere gli occhi aperti per vedere i bisogni degli altri, per amare e dare. È questo che rende veramente indimenticabile questa stagione, lasciando un segno importante nei ricordi dei nostri figli e delle persone che incontriamo. Per gentile concessione di rivista Contatto. Foto: Celeste Lindell/Flickr.
![]() Josie Clark Mentre correvo per le strade di Morelia, una città messicana, notai dei mendicanti a ogni semaforo. Era la vigilia di Natale ed ero uscita con mia figlia di dieci anni a fare qualche ultima compera. «Guarda quella signora!» Cathy diresse la mia attenzione su una vecchia che aveva smesso momentaneamente di mendicare e si stava stropicciando i piedi infreddoliti. «È la nonna di qualcuno» ho pensato a voce alta «ma invece di stare a casa con la sua famiglia è qui fuori a piedi nudi, cercando di mettere insieme qualche soldo per il pranzo di Natale». Poi mi ha colpito un’idea. «Cathy, andiamo a casa e mettiamo insieme qualcosa da mangiare per lei». Si stava già facendo buio, così probabilmente non si sarebbe fermata molto a lungo a quel semaforo. Tornammo a casa di corsa, trovammo un paio di borse e cominciammo a ispezionare la dispensa e il frigorifero. Riso, fagioli, peperoncini secchi, un barattolo di salsa, tortillas, un pollo. Era facile riempire le borse con tutto quello che avevamo. Una pagnotta, prosciutto, pancetta. Chiusi le borse con dei nastri colorati e uscimmo a cercare la donna. All’inizio pensammo di averci messo troppo tempo e che fosse già tornata a casa, poi la vedemmo camminare lentamente davanti a noi, stringendosi addosso uno scialle, probabilmente diretta a casa. «Salve!» la salutò Cathy, per poi continuare in spagnolo: «L’abbiamo vista al semaforo e le abbiamo portato un po’ di cibo per il pranzo di Natale. Speriamo che lei e la sua famiglia possiate sentire l’amore di Dio questo Natale». La vecchia ci guardò con stupore e gli occhi le si riempirono di lacrime. Poi prese le mani di Cathy e le baciò. «Grazie, grazie. Dio ti benedica. Sei bellissima, sei un angelo di Natale». Accettò le borse e continuò per la sua strada. La nostra vigilia di Natale fu allegra, come al solito, e la mattina successiva Cathy aprì i suoi regali. Quando le chiesi se si stava divertendo, mi rispose: «Sai, mamma, vedere quella vecchia così felice ieri sera e poi quando mi ha baciato le mani, è stato il regalo migliore. Penso che dare agli altri sia la parte migliore del Natale!» Per gentile concessione della rivista Contatto.
Linda Salazar “Mamma, credo che quei giocattoli piacciano più a te che a noi”, ricordo di aver detto a mia madre mentre facevamo la spesa in un discount. Dal modo in cui ispezionava ogni giocattolo, esaminava con cura le pagine di ogni libro, contava i pezzi dei rompicapo e controllava le parti dei vari giochi (visto che nei discount è facile che vadano persi), ero certa che quei giocattoli le piacessero quanto piacevano a noi. Era sempre alla ricerca di offerte speciali, così che lei e papà potessero permettersi di fare dei regali di Natale a tutti noi. Ma i regali dei miei genitori non si limitavano alle cose. A volte si trattava di attività diverse, come quando ci portavano in un parco per giocare insieme o a fare un’escursione in montagna, o a visitare luoghi storici. In retrospettiva posso vedere chiaramente che non è che ai miei genitori piacessero i giocattoli e tutto il resto, come pensavo io; è che gli piaceva dare. Davano sempre, che si trattasse del loro tempo e della loro attenzione nei nostri confronti, di un aiuto con i compiti o con un progetto, di un orecchio pronto ad ascoltare; non smettevano mai di dare con tutto il cuore. Ora che il Natale si avvicina non posso fare a meno di ripensare a quei semplici doni d’amore, che mi fanno ancora sentire colma di meraviglia. Mi ricordo a malapena i regali ricevuti, ma non dimenticherò mai l’entusiasmo che i miei mettevano nel dare. Certo, fare regali è una vecchia tradizione e un modo simpatico per dimostrare amore; e i doni sono sempre accolti con grande entusiasmo, soprattutto dai bambini. Forse è questo che il nostro Padre celeste aveva in mente tanto tempo fa, quel primo Natale, quando ci diede il suo amore nel modo che avremmo compreso meglio. Ci fece il dono più prezioso e duraturo, in modo così semplice e umile: il suo amore, il suo Spirito, nei panni di un tenero neonato. Gesù era ed è ancora il più grande dono di Natale per tutti noi. I commercianti di oggi hanno escogitato tante feste da celebrare facendo regali. Arrivano così spesso che a volte è difficile ricordare per cosa stiamo facendo compere. Ma fermatevi un attimo e cercate di ricordare i doni più memorabili che abbiate mai ricevuto e perché il loro ricordo vi sia ancora caro: si trattava delle cose che potevate vedere e stringere in mano, oppure dell’amore con cui quei regali erano avvolti? Per gentile concessione della rivista Contatto. Usato con permesso. Foto di epSos.de via Flickr.
![]() Mary Roys Ogni dicembre chiedo ai miei figli, Toby e Kathy, che ora hanno sette e nove anni, di controllare i loro giocattoli e i loro vestiti e mettere da parte quelli che non usano più. Poi controllo quello che hanno selezionato, eliminando i pezzi più usati ed esercitando il mio potere di veto su altri, e metto le cose migliori in scatoloni da dare a chi ha meno di noi. Oltre a instillare nei bambini uno spirito di generosità, ho scoperto che è anche un buon sistema per eliminare le cose in più e fare buon uso degli articoli migliori di cui non hanno più bisogno. Il Natale scorso sembrava che i miei bambini vedessero la festa in modo più materialistico; pensavano di più ai regali che speravano di ricevere ed erano meno disposti a dare. Me ne sono chiesta il motivo e anche se fossero consapevoli di questo cambiamento nel loro atteggiamento. Decisi di indagare in maniera indiretta. «Quale pensate che sia il vero significato del Natale?» Naturalmente sapevano che a Natale si celebra la nascita di Gesù, ma era tutto lì. «Il primo Natale, Dio ci ha dato solo le cose che non gli servivano più?» «No», rispose pensieroso Toby. «Ci ha dato la cosa migliore che aveva il suo tesoro più speciale». «E quello è il vero spirito del Natale», spiegai. «Dare agli altri quello che abbiamo di meglio, come Dio ha fatto con noi». I bambini ci pensarono su un po’, poi se ne uscirono con il piano di dare via alcuni dei loro giocattoli preferiti, invece di solo quelli di cui erano stanchi. Toby scelse di dare alcune delle sue macchinine preferite e Kathy una delle sue bambole. Li impacchettammo con il resto degli articoli che avevamo preparato, poi portai i bambini con me quando andammo a consegnare i nostri regali. Inculcare nei miei figli dei buoni valori è una delle mie responsabilità più grandi come madre; insegnare loro a pensare agli altri prima che a se stessi ne è una gran parte. Naturalmente, dare altruisticamente non dovrebbe essere limitato a un solo giorno dell’anno, ma il giorno di Natale è un’opportunità perfetta per farlo. Mary Roys è una consulente familiare nel Sudest Asiatico. Articolo gentile concessione della rivista Contatto. Usato con permesso. ![]() La sera di una Vigilia di Natale mi accomodai per bene sulla mia poltrona, stanco ma felice. I bambini erano a letto, i regali erano incartati, il latte e i biscotti aspettavano Babbo Natale vicino al caminetto. Mentre ammiravo l’albero con le sue decorazioni, non potei fare a meno di sentire che mancava qualcosa. Non ci volle molto perché le luci intermittenti mi facessero addormentare. Non so quanto tempo dormii, ma improvvisamente mi resi conto di non essere solo. Potete immaginare la mia sorpresa quando aprii gli occhi e vidi Babbo Natale in persona in piedi vicino al mio albero. Era tutto vestito di rosso, proprio come lo descrive la tradizione, ma non era “l’allegro burlone” che si dice. L’uomo in piedi davanti a me sembrava triste e deluso. E aveva gli occhi pieni di lacrime. “Babbo, c’è qualcosa che non va?” gli chiesi. “Perché piangi?” “Si tratta dei bambini”, rispose lui con tristezza. “Ma i bambini ti vogliono bene”, replicai. “Oh, lo so che mi vogliono bene e che gli piacciono i regali che porto”, disse, “ma sembra che oggi i bambini non capiscano il vero spirito natalizio. Non è colpa loro, sono gli adulti che si sono dimenticati di insegnarglielo. Molti adulti non l’hanno mai imparato nemmeno loro”. “Insegnare cosa ai bambini?” chiesi. Il volto di Babbo Natale si intenerì. Non erano più le sole lacrime a fargli brillare gli occhi. Con voce tenera disse: “Insegnare ai bambini il vero significato del Natale. Insegnare loro che nel Natale c’è ben più della parte che possiamo vedere, sentire e toccare. Insegnare loro cosa c’è dietro ai simboli delle abitudini e delle tradizioni che osserviamo a Natale. Insegnare loro cosa rappresentano veramente”. Babbo Natale infilò una mano nel sacco, ne trasse un minuscolo albero di Natale e lo depose sulla mensola del camino. “Insegnare loro a capire l’albero di Natale. Il verde è il secondo colore del Natale. Il sempreverde maestoso con il suo colore immutabile rappresenta la speranza della vita eterna in Gesù. La sua cima si slancia verso l’alto per ricordarci che anche i pensieri dell’uomo dovrebbero puntare verso l’alto”. Infilò di nuovo la mano nel sacco, ne tolse una piccola stella e la mise sulla punta dell’albero. “La stella era il segno della promessa. Dio aveva promesso all’umanità un Salvatore e la stella era il segno dell’adempimento di quella promessa il giorno che nacque Gesù Cristo. Bisogna insegnare ai bambini che Dio adempie sempre le sue promesse e che gli uomini saggi, come i re magi, lo cercano ancora”. “Il rosso”, disse Babbo, “è il primo colore del Natale”. Tolse dal sacco una decorazione rossa per l’alberello. “Il rosso è intenso, forte, vivo. È il simbolo del dono più grande che Dio ci abbia fatto. Bisogna insegnare ai bambini che Cristo diede la sua vita e sparse il suo sangue per loro, perché potessero avere la vita eterna. Il colore rosso dovrebbe ricordare loro quel meraviglioso dono della vita”. Babbo trovò una campanella nel sacco e la piazzò sull’albero. “Come il suono della campana guida verso la salvezza la pecora smarrita, essa continua a suonare oggi perché tutti arrivino all’ovile. Insegnate ai bambini a seguire il vero Pastore che diede la vita per le pecore”. Babbo pose una candela sulla mensola e l’accese. La fiamma illuminò la stanza. “La luce della candela rappresenta il modo in cui l’uomo può dimostrare gratitudine per il dono divino del Figlio di Dio quel lontano Natale. Insegnate ai bambini a seguire le orme di Cristo, a fare del bene. Questo è il simbolo delle luci che brillano sull’albero come centinaia di candeline accese. Ciascuna rappresenta uno dei preziosi figlioli di Dio”. Babbo infilò di nuovo la mano nel sacco e questa volta ne trasse un bastone di zucchero bianco a strisce rosse. Lo appese all’albero e sussurrò: “Ecco un bastone di zucchero duro, bianco. Il bianco è un simbolo della natura priva di peccato di Gesù, il nostro salvatore. Il bastone rappresenta il pastorale del Buon Pastore, che Egli usa per raggiungere e tirare fuori dai fossi del mondo le anime, che come pecore si sono perdute. “Il candito originale aveva tre strisce rosse sottili che rappresentano le frustate ricevute da Gesù, che ci danno guarigione, e tre strisce larghe che rappresentano il sangue da Lui sparso per noi sulla croce per darci vita eterna. Insegnate queste cose ai bambini”. Babbo tirò fuori una bella ghirlanda fatta di sempreverdi freschi e profumati, legata da un fiocco rosso. “Il fiocco rappresenta il legame della perfezione, cioè l’amore. La ghirlanda simboleggia tutte le cose buone del Natale agli occhi di chi vede e ai cuori di chi capisce. Contiene i colori rosso e verde e gli aghi dell’abete rivolti verso il cielo. Il fiocco parla della buona volontà di Dio verso tutti noi e il suo colore ci ricorda nuovamente il sacrificio di Cristo. Anche la sua forma è simbolica e rappresenta l’eternità e i valori eterni dell’amore di Cristo. È un cerchio senza principio e senza fine. Sono queste le cose che dovete insegnare ai bambini”. “Ma che posto hai tu in tutto questo, Babbo Natale?” gli chiesi. Le lacrime erano ormai svanite e il suo volto si aprì in un sorriso. “Grazie del pensiero”, rise. “Anch’io sono solo un simbolo. Rappresento lo spirito dell’allegria famigliare e la gioia di dare e ricevere. Se insegnate ai bambini tutte queste cose, non correrò il rischio di diventare più importante del necessario”. Devo essermi riaddormentato di nuovo e quando mi sono svegliato ho pensato: Finalmente comincio a capire. È stato tutto un sogno? Non lo so. Ma mi ricordo le ultime parole di Babbo Natale: “Se non siete voi ad insegnare queste cose ai bambini, chi lo farà? –Autore ignoto |
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