Chalsey Dooley Era una cosetta da nulla, quel sorriso sul volto del mio bambino, ma ha cambiato IL mio modo di vedere la vita. Quando si è svegliato e mi ha guardato, stava guardando ciò che gli importava di più al mondo... me! Non gli importava che il suo pannolino avesse bisogno d’essere cambiato o che io indossassi un pigiama spaiato e i miei capelli fossero scompigliati. Mi amava e basta e amava stare con me. Non aveva bisogno di perfezione; l’amore aggiustava tutte le cose. Appena l’ho preso in braccio e ho assorbito quei raggi d’amore, mi si è chiarita una cosa cui stavo pensando in precedenza. La mancanza di perfezione nella vita mi ha sempre preso per il verso sbagliato. Quando qualcuno diceva o faceva qualcosa che mi infastidiva, spesso nella mia mente trovavo mille obiezioni. Perché ci devono essere cose come conflitti di personalità, noncuranza, mancanza di considerazione, ingiustizia, pessimismo, critiche? Sono cose reali e sono sbagliate! Vorrei che cose del genere non esistessero. Se tutti, me inclusa, potessimo fare le cose nel modo giusto, la mia sarebbe una vita di beata perfezione. La perfezione, ragionavo tra me, era l’unica cosa che potesse alleviare le mie irritazioni; ma sapevo anche che non sarebbe mai potuta esistere. La vita è così. Avevo bisogno di un’altra opzione. Più ci pensavo, più mi rendevo conto che ciò che volevo veramente era che il mondo girasse attorno a me – ai miei desideri, ai miei sentimenti, alle mie preferenze, alle mie priorità. Qualcosa doveva cambiare e questa volta dovevo essere io, qualsiasi fossero le colpe altrui. Ma come? Ci avevo già provato senza riuscirci. Poi quella mattina, mentre reggevo il mio bambino, mi venne il sussurro di un pensiero: Vorresti che tuo figlio fosse perfetto fin dall’inizio? Ci pensai un po’, ma mi sono resa conto che era la cosa che meno volevo al mondo. Se fosse stato capace di camminare e correre fin dal primo giorno, non avrei mai potuto vedere lo sguardo di eccitazione e soddisfazione sul suo viso mentre faceva i primi passi; avrei perso anche quella sensazione speciale di tenerlo tra le braccia, sapendo che dipendeva completamente da me. Se fosse stato capace di parlare perfettamente dal momento in cui era nato, non avrei mai provato la gioia di sentirgli dire la sua prima parola. Se avesse saputo tutte le cose che sa un adulto, non l’avrei mai visto pieno di sorpresa davanti ad una nuova scoperta e non avrei mai avuto la soddisfazione di insegnargli qualcosa di nuovo. Avrei perso tantissime cose. No, la sua imperfezione lo rende proprio perfetto. Non lo vorrei diverso da così! Cos’è allora, mi sono chiesta, che rende la sua imperfezione diversa dalle altre imperfezioni che mi circondano? Ed è arrivata la risposta: È l’amore. Ecco cos’era! Ecco cosa mi mancava. Ecco di cosa avevo bisogno un po’ di più per tirare avanti con coraggio e allegria quando dovevo affrontare problemi che non volevo esistessero. Pensa a quante cose perderesti se tu e tutti gli altri attorno a te foste perfetti fin dall’inizio. Ti perderesti l’imprevedibilità della vita che aggiunge il senso della sorpresa; la gioia di perdonare ed essere perdonata; i forti legami di un’amicizia duratura che si formano nelle avversità; gli aspetti di carattere positivo che si formano allo stesso modo. Mi sono resa conto che aggiungere pensieri negativi ad una situazione negativa non dà mai risultati positivi. In quel momento ho deciso che avrei cercato e trovato le opportunità e le esperienze positive che si nascondono sotto la maschera dell’imperfezione. Più tardi, durante la giornata, il mio bambino non riusciva ad addormentarsi e ho deciso di approfittare di una situazione difficile per mettere in pratica la mia nuova lezione. Ho messo da parte ciò che io ero sicura che fosse la cosa migliore per lui e se nel giardino della tua vita trovi Più terra che fiori, forse hai gli occhi Puntati troPPo in basso. alza lo sguardo!per me e insieme a mio marito ho dedicato un po’ di tempo a cantare e ridere con lui. È stato un momento perfettamente felice che ci saremmo persi se quel giorno tutto fosse stato “perfetto”. Articolo originariamente pubblicato nella rivista Contatto. Usato con permesso.
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Uno dei doni più preziosi che si possano ricevere è diventare genitori e ricevere l’amore di Dio sotto forma di un bambino, così tenero e carino. In realtà sono tutti figli suoi, ma lui li affida alle nostre cure e vuole che li amiamo e li educhiamo. Sono un dono di Dio, ma, come i fiori del nostro giardino, dobbiamo prendercene cura. In questo caso il dono di Dio è anche il lavoro che Dio ci affida. Dio stesso ci ha dato l’esempio di come vuole che ci comportiamo con i nostri figli. È giusto, misericordioso, amorevole e paziente, ma ci tratta anche con fermezza quando vede che andiamo fuori strada. È un Dio amorevole, ma è anche un bravo Padre che sa correggerci quando ne abbiamo bisogno. Se noi educhiamo, addestriamo e guidiamo i nostri figli nel modo giusto e diamo loro l’esempio giusto, loro lo seguiranno per la vita. “Ammaestra il fanciullo sulla via da seguire, ed egli non se ne allontanerà neppure quando sarà vecchio” (Proverbi 22,6). “Tutti i tuoi figli saranno ammaestrati dall’Eterno, e grande sarà la pace dei tuoi figli” (Isaia 54,13). —David Brandt Berg Articolo originariamente pubblicato nella rivista Contatto. Usato con permesso. Ariana Andreassen Mio figlio Anthony ha tre anni ed è sveglio e attivo, sempre desideroso d’imparare cose nuove. Qualche tempo fa il suo argomento di conversazione preferito erano i fulmini. Sembrava non si stancasse mai di parlare di temporali, di come a volte gli edifici prendono fuoco quando sono colpiti dai fulmini e così via. Quando ha cominciato a sviluppare questi scenari utilizzando i suoi blocchi Lego e i suoi personaggi Playmobil, ho incanalato più positivamente i suoi pensieri e la sua energia insegnandogli come Beniamino Franklin aveva inventato il parafulmini proprio per evitare quei disastri. Alcuni mesi dopo, a cena, Anthony si è fermato, mi ha dato un’occhiata pensierosa e ha detto qualcosa su come gli animali oggi sono in pericolo perché non hanno abbastanza cibo o posti in cui vivere. Ero curiosa di sapere se capisse veramente ciò di cui stava parlando, così gli ho chiesto perché gli animali non avevano un posto per vivere. Mi ha spiegato che, dato che gli uomini costruiscono case e strade e abbattono gli alberi per farlo, animali come i koala non hanno un posto dove andare. Naturalmente era un po’ confuso, ma potevo vedere che aveva capito l’idea generale e che era sinceramente preoccupato che gli animali stessero perdendo il loro ambiente naturale. Questo argomento lo ha tenuto occupato per alcune settimane, fino alla successiva scoperta meravigliosa. Penso che si trattasse dei tradizionali cinque sensi. Parlando con mio figlio di Franklin, delle specie in pericolo e dei cinque sensi, mi sono resa conto di com’è facile influenzare i bambini quando sono piccoli e di conseguenza com’è importante insegnar loro a prendere decisioni sagge e responsabili. I bambini si entusiasmano quando fanno la loro parte per contribuire a migliorare il loro mondo e noi possiamo instillare in loro l’amore e il rispetto per l’ambiente fin dai primi anni. Ora Anthony ha l'abitudine di separare i rifiuti riciclabili nei contenitori giusti, annaffiare le piante e prendersi cura del giardino. Sa che, quando la cosa è pratica, camminare invece di prendere la macchina fa risparmiare denaro e non inquina; sta diventando più bravo di me a ricordarsi di spegnere la luce quando esce da una stanza. Anche se all’inizio ci vuol tempo per spiegare alcuni concetti in maniera che i bambini possano capirli senza preoccuparsi o turbarsi, ne vale la pena. È una gioia vedere il mio piccolo dedicare attenzione ed energia a prendersi cura del mondo intorno a lui, invece di abusarne o darlo per scontato. Originariamente pubblicato sulla rivista Contatto. Usato con permesso. Di Marie Claire Circa una settimana prima del quarto compleanno di mio figlio Tristan, parlavo con lui di quanto fosse cresciuto nell’ultimo anno, di quante cose avesse imparato e di quanto io fossi orgogliosa dei progressi che aveva fatto. Poi parlammo del suo compleanno e gli chiesi cosa voleva che preparassi per la sua festa. Come ero solita fare, lasciai che fosse lui a scegliere il tipo di torta che voleva. L’anno precedente aveva scelto un torta a forma di “bruco”, poiché in quel periodo era affascinato dagli insetti. Non era stata difficile da realizzare – una fila di fette di torta tagliate a mezzaluna con una glassa lucida e coloratissima. Mi aspettavo che scegliesse anche quest’anno una torta altrettanto semplice da realizzare, così potete immaginare la mia perplessità quando lui, dopo aver consultato un libro con illustrazioni di torte fantasiose per bambini, scelse una torta con “castello e cavalieri”. Guardai il disegno particolareggiato, lessi le spiegazioni e immediatamente compresi che questa volta avevo davvero fatto il passo più lungo della gamba. Ma Tristan era deciso a volere proprio una torta “castello”, cavalieri compresi, e io volevo renderlo felice. Prima che me ne rendessi conto arrivò il giorno del compleanno e io mi accinsi a preparare la torta. Libro in mano, cercai di seguire le istruzioni nel modo migliore possibile, ma ben presto capii perché nel libro c’era solo un disegno della torta con il castello e non una fotografi a, come per gli altri tipi di torta. Tra il progetto e la sua realizzazione pratica c’era un abisso e io mi sentivo alla deriva e in pieno naufragio. La mia torta era sbilenca, la glassa non aveva una buona consistenza e le torri del castello non erano uguali tra loro né per altezza né per diametro. Non avevo trovato nessun giocattolo a forma di cavaliere e dovetti accontentarmi di una statuina Lego di un uomo a cavallo. Sentivo tanta pressione e scoraggiamento! Povero Tristan, pensai. Sarà così deluso! È così impaziente e ha parlato per tutta la settimana dei suoi cavalieri e del suo castello e ora guarda un po’ cosa lo aspetta! Sarà di sicuro infelice quando vedrà la versione del castello dei suoi sogni fatta da sua madre! Finalmente finii la torta e aggiunsi i tocchi finali alla men peggio – bandiere di carta, biscotti sui muri che avrebbero dovuto dare l’impressione di pietre ma che cadevano dagli angoli malfatti, erba fatta con scaglie di cocco e colorante che assomigliava più che altro a muschio fangoso. Avevo terminato la mia opera ma ero sul punto di piangere. Rassettai la cucina e decisi che era meglio che Tristan vedesse la torta prima, per essere preparato al momento imbarazzante in cui lui e i suoi amici se la sarebbero trovata davanti alla festa. Quando Tristan entrò in cucina, studiai la sua espressione e pregai di potere trovare la giusta cosa da dirgli per consolarlo e aiutarlo a non sentirsi troppo giù. Gli occhi di Tristan si spalancarono e, con mia sorpresa, un largo sorriso si accese sul suo volto. “Wow, mamma! È fantastica! È proprio quel che volevo!” Stavo quasi per scoppiare in lacrime. Lui si avvicinò alla torta, la esaminò in ogni sua parte e disse che era fatta esattamente come piaceva a lui. Poi corse da me, mi abbracciò, mi ringraziò e si portò una mano alla bocca, come se dovesse rivelarmi un segreto. Mi abbassai verso di lui perché potesse parlarmi all’orecchio. “Ti voglio bene!” disse, e corse via per raccontare ai suoi amici quello che aveva appena visto. Appena uscì, mi fermai un attimo a pensare a quell’esperienza. In pochi minuti avevo ricevuto una lezione che a volte ci vuole una vita a imparare. Oh, poter imparare a vedere le cose attraverso gli occhi di un bambino, pieni di fede, speranza amore e ottimismo, invece di vedere le imperfezioni! Oh poter imparare a vedere il lato buono e meraviglioso di tutte le cose! Rimasi a godermi quel momento magico il più a lungo possibile. Facendo sempre più mia la scena della torta sbilenca, seguita dal ricordo ancora fresco della dolce reazione di Tristan, chiesi al Signore di perdonare la visione negativa della vita che avevo avuto di recente e di aiutarmi a vedere le cose nello stesso modo in cui mio figlio aveva visto quella torta. Poi accadde una cosa buffa. Mentre guardavo la torta, la vidi prendere un aspetto da cartone animato e cominciò a piacermi veramente. Ma, cosa ancora più importante, piaceva a Tristan. Dopotutto era il suo compleanno. Articolo originariamente pubblicato sulla rivista Contatto. Usato con permesso. Di Jessica Roberts É la fine di una lunga giornata passata a curare bambini ammalati. No, non i miei. Sono figli di una coppia, il cui lavoro li chiama spesso a prendersi cura dei bisogni degli altri a discapito del tempo che potrebbero passare in famiglia. Io insegno ai loro bambini e di solito mi fa piacere fare da mamma, ma non questa settimana. “Mi sento stanca, esaurita e stressata”, brontolo. “Sono indietro con i piatti da lavare e il bucato da fare e mi sono anche persa una gita alla spiaggia con i miei amici per stare qui a prendermi cura di un mucchio di bambini piagnucolosi con la tosse e il naso che cola”. Un rumore sulle scale mi dice che qualcuno è sveglio. Guardo: è Susanna, due anni. “Cosa vuoi, Susy? ” Lei aspetta mezzo secondo, corre da me, mi butta le braccia al collo e sussurra: “ Ti voglio bene! ” Poi si volta e torna a letto di corsa. Sento Martino, di quattro anni, che si rigira nel letto, così vado a controllare. Lui apre un occhio e, mezzo addormentato, borbotta: “Sei la maestra più miliore di tutte! ” E ha un modo di sorridere mentre lo dice ... Penso al loro amore sincero e a come mi hanno adottato. Mi ricordo le loro risatine, gli abbracci, le scoperte che abbiamo fatto insieme. Ad un tratto la montagna di piatti non è più così grande. Non sono più così stanca. Domani sarà la giornata “più miliore” che mai. Metterò in forno dei biscotti. E ci deve pur essere un modo di costruire un circo a tre piste in una camera da letto. Quando poi arriveranno al solito punto di stanchezza e irritabilità prima di cena, farò una rapida preghiera per avere un altro po’ dell’infallibile amore del Signore. E ringrazierò Dio della benedizione di avere questi bambini da curare. Articolo originariamente pubblicato sulla rivista Contatto. Usato con permesso. Domanda: I miei figli hanno un’età in cui guardare la TV oppure film su video e DVD è una delle loro attività preferite. Il problema è che quasi tutto quel che vogliono vedere contiene comportamenti, linguaggio o atteggiamenti che non approvo. Per di più sembra che siano proprio questi aspetti negativi che i miei figli ricordano di più e tendono a copiare. Come posso roteggerli? Questa sembra una preoccupazione comune a molti genitori. Si rendono conto dell’importanza di controllare e a volte limitare quello che i loro figli vedono e ascoltano, e ne hanno certamente il diritto e la responsabilità. Allo stesso tempo, è praticamente impossibile riuscire a proteggere i figli da ogni influenza negativa che incontrano. Se i bambini non sono esposti a queste cose tramite la TV, i film e i videogiochi, lo saranno attraverso i coetanei o altri modi. Non è sempre possibile proteggere i figli dalle influenze negative, ma le si può combattere. In questo caso, il tempo significa prendere l’abitudine di guardare il programma insieme ai figli e poi di discuterne insieme, al fine di aiutarli a ricavare da quell’esperienza più aspetti positivi che negativi. Questo vi dà anche l’opportunità di discutere gli atteggiamenti e i comportamenti negativi da un punto di vista esterno: “Secondo te, cosa avrebbe dovuto fare quel personaggio in quella situazione?” Col tempo questo aiuterà i vostri figli a formare dei valori personali ben saldi, oltre ad insegnar loro ad essere più selettivi nella scelta di cosa guardano. È importante visionare il materiale in precedenza, o almeno leggere le recensioni per essere consapevoli del suo contenuto. Questo vi dà l’opportunità di assicurarvi che sia adatto all’età dei bambini e al loro sviluppo. Vi dà anche il tempo di pensare e pregare sulle lezioni o informazioni che se ne possono ricavare. Provate a pensare: “Che vantaggi possono trarne i miei figli?” Se la risposta è “Nessuno”, probabilmente non vale la pena che stiano a vederlo. Sia lo spettacolo che la discussione devono essere adeguati all’età dei bambini. Il vantaggio delle videocassette rispetto alla TV dal vivo è che potete metterle in pausa per rispondere alle loro domande. Quindi, se vi è possibile, registrate i programmi prima di farli vedere ai bambini (a questo modo potete anche saltare la pubblicità che potreste ritenere inadatti ai vostri figli). Se i bambini si spaventano o non capiscono certe parti, fermatevi a spiegarle, oppure saltatele. I più grandi di solito preferiscono vedere il film per intero e discuterne in seguito. L’obiettivo della discussione è esortare i bambini a pensare a ciò che hanno appena visto e aiutarli ad arrivare a conclusioni più mature di quelle cui arriverebbero da soli. I bambini imparano meglio quando fanno domande e pensano alle cose che quando tutte le risposte sono offerte loro troppo in fretta. Tendono anche ad accettare meglio le indicazioni che arrivano sotto forma di risposta alle loro domande o di domande fatte da voi che stimolano il loro pensiero, piuttosto che quando ritengono di essere oggetto di “prediche”. Mentre guardate, potreste anche prender nota di idee che potete usare come punto di partenza per altre attività divertenti, positive ed educative con i bambini, come l’approfondimento delle notizie su personaggi, luoghi ed avvenimenti storici o sulle attività mostrate nel programma, oppure portarli a fare una gita che abbia qualche relazione con il film. Potrebbe stupirvi scoprire fino a che punto i bambini possano, con un po’ di guida, trarre vantaggio da film e documentari. Possono imparare cose sulla vita e sulla natura umana; possono imparare ad affrontare crisi e difficoltà; possono imparare a simpatizzare con gli altri; possono vedere che le cattive scelte hanno delle conseguenze e quindi imparare dagli errori degli altri. Così, anche se potenzialmente dannosi se non incanalati nel modo giusto, film e TV possono diventare un buon strumento educativo e avvicinare la famiglia, quando sono usati selettivamente. Articolo originariamente pubblicato sulla rivista Contatto. Usato con permesso. Alex Peterson Coltivate il rispetto reciproco Il rispetto reciproco rinforza il legame affettivo tra genitori e figli. Genera anche unità, obbedienza e apprezzamento. All’interno di una famiglia il rispetto si manifesta mediante considerazione, comprensione, premurosità, disponibilità all’ascolto e comunicazione affettuosa. E funziona in entrambi i sensi: se volete che i vostri figli vi dimostrino rispetto, dimostrate rispetto a loro. I bambini imparano mediante l’osservazione e imitano quello che vedono. Se il problema è la mancanza di rispetto, probabilmente è iniziato con i genitori, i compagni, oppure altre influenze come la TV, i film o i giochi al computer. Ridurre al minimo le influenze negative è metà della battaglia; l’altra metà è stabilire chiare regole su ciò che ci si aspetta e poi mantenere costantemente quello standard. Potete dimostrare rispetto per i vostri figli in vari modi:
Evitate le incomprensioni A volte sembra che i bambini scelgano i momenti meno adatti per comportarsi male; e a volte non si tratta tanto di cattivo comportamento quanto di comportamento fastidioso. Quando i genitori sono sotto pressione, occupati da altri lavori o da altri pensieri, quando non si sentono bene o sono semplicemente di cattivo umore, il loro modo di comportarsi con i figli ne risente. Alcune cose che normalmente sono consentite o tollerate — un certo livello di rumore o di chiasso, per esempio — fanno perdere la pazienza ai genitori, provocando parole dure, punizioni più severe del necessario, od occhiatacce che dicono al bambino “sei nei guai”, ma lo lasciano confuso. I bambini di solito non vedono le cose nella loro totalità, quindi quando la frustrazione di un genitore raggiunge il punto di ebollizione, spesso si sentono più in colpa del necessario e questo può portare a conclusioni ancora più drammatiche: “La mamma vorrebbe che non ci fossi”, “Il papà non mi vuole bene”, “Sono un buono a nulla”. Evitate incomprensioni tanto dannose bloccandovi prima del punto di ebollizione e dando le giuste proporzioni al comportamento del bambino. “Mi piacerebbe sentirti cantare un’altra volta quella canzone, ma adesso devo concentrarmi sulla guida”. “Ho mal di testa, così per favore non fare così adesso”. E se non riuscite a bloccarvi in tempo, una spiegazione e delle scuse dopo l’accaduto aggiusteranno le cose. Dando al bambino l’opportunità di partecipare alla soluzione del problema, avrete trasformato in positiva una situazione potenzialmente dannosa. Rinforzo positivo Gli elogi sono un ottimo incentivo. I bambini prosperano con gli elogi. È più importante e proficuo elogiare un bambino per essersi comportato bene che sgridarlo per essersi comportato male. Ci sono volte in cui rimproveri e correzioni sono necessari, ma se imparate a prevenire i problemi con qualche elogio e altri rinforzi positivi svilupperete autostima nei vostri figli e finirete con l’essere meno scoraggiati, esausti e frustrati alla fine della giornata. È una strategia vincente su tutti i fronti. Più vi concentrate sul lato positivo, più cose troverete per cui elogiare vostro figlio e meno vi dovrete preoccupare di un cattivo comportamento. Un elogio incoraggia azioni degne di altri elogi. Siate costanti, sinceri e creativi, ma credibili. Per esempio, se il bambino cerca di fare qualcosa di nuovo, ma i risultati sono disastrosi, complimentatelo per lo sforzo, non per i risultati. Oppure, se voleva farvi una sorpresa ma il tentativo è riuscito in modo disastroso, elogiate le sue premure. Sottolineate sempre il lato positivo e premiate il bene. Articolo dalla rivista Contatto. Usato con permesso. Alex Peterson Quasi tutti i genitori si preoccupano del progresso dei propri figli ad ogni stadio della loro crescita. Per questo devono rendersi conto del ruolo importante svolto dall’immagine che il bambino ha di sé. I bambini che si vedono in modo positivo, che credono di poter avere successo, lo raggiungeranno molto più facilmente. I bambini iniziano a valutare se stessi e le proprie abilità nel contesto della loro famiglia. I genitori possono scoprire ogni giorno delle opportunità per sviluppare nei loro figli la fiducia in se stessi, che a lungo andare li aiuterà a diventare adulti completi e ben inseriti. Come risolvere i problemi I genitori spesso si sorprendono quando scoprono quanto i loro figli sono capaci e intraprendenti nella risoluzione dei propri problemi, con solo un po’ di aiuto. Tutti i bambini incontrano problemi; è una parte necessaria della loro crescita. È proprio affrontando queste sfide che acquistano le doti necessarie al successo nella vita. Ci vogliono tempo e pazienza per aiutare i bambini ad imparare a risolvere i loro problemi, ma è un buon investimento che darà i suoi frutti quando cresceranno, quando i loro problemi diventeranno più complessi e la posta in gioco sarà maggiore. A volte i genitori tendono a risolvere il problema o a dare la risposta troppo in fretta. Così facendo possono risolvere il problema del momento, ma ostacolano il processo d’apprendimento. È come nel proverbio: “Dai a un uomo un pesce e mangerà per un giorno. Insegna a un uomo a pescare e mangerà per una vita intera”. A lungo andare, insegnare a risolvere i problemi è più importante e più utile di fornire le soluzioni. Aiutare i bambini a venire a capo dei loro problemi dimostra anche la vostra fiducia in loro e quindi aumenta la fiducia e la stima che hanno di se stessi. Questione d’insicurezza Per quanto i genitori amino i propri figli e cerchino di venire incontro ai loro bisogni, sorgono sempre situazioni che provocano insicurezza nei bambini; questa insicurezza spesso si rispecchia in problemi comportamentali. Un cattivo comportamento va corretto, ma se i genitori non capiscono cosa l’ha provocato, la correzione può essere più dannosa che utile. La cattiva condotta viene dalla sperimentazione naturale dei bambini, da una cattiva idea che sembrava buona o divertente al momento? Oppure è il risultato dell’insicurezza, del tentativo di inserirsi, fare colpo o farsi amicizie nuove dopo essersi trasferiti in un quartiere nuovo o aver cambiato scuola, per esempio? Il cattivo comportamento è solo un sintomo, così la correzione di per sé è come strappare un’erbaccia senza sradicarla: dopo un po’ ricrescerà. I genitori devono individuare il problema e attaccarne la radice, la causa che ne sta alla base. A seconda dell’età e del livello di maturità del bambino, cercate di aiutarlo a raggiungere le proprie conclusioni partendo dal modo in cui è possibile risolvere il problema. Al momento forse non sarà facile, ma ricordate che l’obiettivo è correggere il problema, non punire il bambino. Facendo una chiara distinzione tra il problema e il bambino e poi coinvolgendo quest’ultimo per trasformare la situazione da problema ad occasione di apprendimento, è possibile aumentare la sua autostima invece di indebolirla, anche quando la situazione potrebbe sembrare assolutamente negativa. Non tutti i bambini si comportano male quando si sentono insicuri; alcuni si chiudono in sé o hanno risultati scolastici inferiori alle loro possibilità. In qualsiasi modo si manifesti la loro insicurezza, il primo passo per correggere il problema è riconoscerlo; il secondo è affrontarne la causa da un punto di vista positivo. Articolo dalla rivista Contatto. Usato con permesso. |
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