tutto in discussione e facevo fatica a rispettare le regole. Comunque, anche se avevo una facciata esteriore dura, dentro volevo solo trovare qualcuno che mi capisse davvero. Un giorno mi ritrovai a una riunione in cui ero l’unica ragazza giovane. Mentre gli adulti parlavano riuniti in gruppetti, io mi sedetti da sola in un angolo a guardarmi in giro, finché a un certo punto mi si avvicinò una signora che cominciò a parlarmi. Si chiamava Gioia. Alla fine decisi di aprirmi e le raccontai tutti i miei guai. Mi aspettavo che mi facesse una predica, invece si limitò ad ascoltarmi. Sentivo che si interessava a me. Non cercò nemmeno una volta di correggermi o di cambiare la mia opinione; cercò semplicemente di capirmi. Quella conversazione fu l’inizio di un’amicizia che continuò per sette anni, in mezzo a varie vicissitudini, fino al giorno della sua morte. Facevamo lunghe passeggiate insieme e a volte ci scrivevamo dei bigliettini sulle cose che erano più difficili da dire di persona. Ci mantenemmo in contatto per telefono e per posta anche dopo il suo trasferimento in un’altra città. Durante quei sette anni, Gioia fu spesso molto ammalata e vicina alla morte, ma non la sentii mai lamentarsi. Era vivace e appassionata. Gioia m’insegnò una cosa molto importante: che essere me stessa era OK. Allo stesso tempo m’insegnò anche a cercare di capire le persone più profondamente, a guardare al di là delle apparenze e a volte perfino al di là di ciò che dicono, ad accettarle per quel che sono e a mostrare loro un amore senza riserve. Anche se sembriamo tanto diversi, siamo fatti tutti dello stesso materiale e abbiamo tutti bisogno di amore, comprensione e approvazione. Quando qualcuno vede questo nostro bisogno e lo soddisfa, allora finalmente sbocciamo. Per gentile concessione della rivista Contatto. Foto di photostock/www.freedigitalimages.net
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Una compilazione per i genitori e chi si prende cura dei bambini Quando passate tempo con i vostri bambini è come se foste in prima serata. Siete sul palcoscenico, in un certo senso, e li influenzate e li istruite con le vostre parole e il vostro comportamento, che lo vogliate o no. Così, nel rapporto tra genitori e figli, passare del tempo insieme non è abbastanza. Per dare significato a quel tempo, deve esserci qualità. Tra i prerequisiti per fare i genitori in maniera soddisfacente ci sono la pianificazione e la riflessione. […] Passare del tempo di qualità insieme è uno dei fattori più importanti per creare dei rapporti genitore-figlio buoni e salutari. Passare del tempo di qualità insieme può voler dire una rumorosa festa di famiglia, una serata tranquilla a casa ad ascoltare vostra figlia che si esercita a suonare, una notte insonne passata con un bambino febbricitante, un giorno di vacanza passato a ripulire il garage insieme, oppure un’ora passata in una discussione animata. Qualunque sia l’attività, il tempo di qualità insieme dovrebbe trasmettere messaggi come: “Ti voglio bene”, “Voglio starti vicino”, “Mi piace stare con te”, “Insieme a te mi diverto”. […] Ogni famiglia trae benefici dedicando regolarmente un periodo fisso a stare insieme. […] Quando cominciate a organizzare questo tempo di qualità insieme, è importante che voi e vostro figlio o vostra figlia facciate cose che abbiano significato. Fate un elenco delle vostre attività familiari preferite. Discutetele insieme, poi mettetele in ordine d’importanza. Alla fine programmate quelle che ritenete abbiano la priorità. Se decidete solo per quelle più semplici, o quelle che richiedono meno tempo o meno impegno, potreste perdere le più importanti. --Dr. Kay Kuzma * Possiamo essere così presi dai nostri molteplici impegni, dai nostri orari frenetici e dalle nostre vite frettolose, da dimenticare che le cose che contano di più per i nostri figli sono quelle piccole cose semplici che rendono la loro casa un posto divertente, comodo e felice. Le seguenti domande vi aiuteranno a riflettere su come meglio raggiungere quell’obiettivo: 1. Quale sarebbe secondo vostro figlio l’aspetto migliore del vivere in casa vostra? Quali sono le tradizioni migliori, le cose che fate insieme e sono così divertenti che vorranno farle anche con i loro futuri figli? In breve: che tipo di ricordi state creando per i vostri figli nella vita quotidiana? 2. Cosa pensate che i vostri figli vorrebbero cambiare nella vostra vita familiare? Che cosa v’impedisce di farlo? 3. Quando è stata l’ultima volta in cui la vostra famiglia è stata lì seduta a non fare altro che ridere? Quand’è l’ultima volta in cui vi ricordate di non aver fatto assolutamente niente [insieme]? 4. C’è una semplice tradizione o abitudine di famiglia che volete seguire per divertirvi insieme? Scrivetela. Poi preparatevi a farla tutti insieme. Immaginate che qualcuno chieda ai vostri figli che cosa vorrebbero veramente cambiare nella vostra famiglia. È la stessa domanda che è stata posta a ottantaquattromila studenti delle medie inferiori e superiori che hanno completato una ricerca della rivista USA Weekend. Cosa pensate che abbia detto la maggioranza dei ragazzi? (Probabilmente la stessa cosa che direbbero i vostri, quindi pensateci bene.) Quasi due terzi dei ragazzi intervistati hanno detto che avrebbero voluto passare più tempo con i genitori. In effetti, più di due ragazzi su cinque pensavano che il tempo passato con la madre fosse troppo affrettato. Quello che i ragazzi dicevano di volere non era soltanto più tempo, ma più momenti rilassati — il tipo di tempo che un ragazzo considererebbe semplicemente “uno spasso”. Nessuna aspettativa. Nessuno stress. Nessun ritmo frenetico. Solo divertirsi tranquillamente, in maniera rilassata. È il tipo di tempo che crea l’unità familiare. Quel tempo rilassato e sereno è ciò che anche i vostri figli desiderano e di cui hanno bisogno. --Michele Borba * Un giorno i vostri figli saranno grandi e se ne andranno. Allora sarete grati di aver dato loro le cose di cui avevano bisogno mentre crescevano. […] Così, in quelle ore notturne, mentre vegliate su un bambino malato, sorridendo anche se vorreste piangere, cantando mentre pregate di avere pazienza, asciugando nasini gocciolanti mentre sognate di fare grandi cose per Dio, ricordate che è proprio quello che state facendo. Non vi pentirete mai di nessuna preghiera, nessuna canzone, nessuna parola amorevole. Ogni piccolo gesto d’affetto va a toccare [i vostri figli] per l’eternità. Dopo tutti gli anni in ci avrete creduto solo per fede, un giorno anche voi — come me — avrete la benedizione di vedere quello che saranno diventati. --Derek and Michelle Brooks * Come ha detto qualcuno: “Quello che faccio oggi è importante perché gli sto dando un giorno della mia vita. Quando verrà domani, quest’oggi sarà andato, per sempre, lasciando al suo posto ciò che gli ho dato in cambio. Voglio che sia un guadagno, non una perdita; un bene, non un male; un successo, non un fallimento; per non dovermi pentire del prezzo che ho pagato per averlo”. È doppiamente vero per voi che vi prendete cura dei vostri bambini. Non è solo un’ora, o poche ore, o un giorno della vostra vita; è anche un’ora o due o un giorno della loro vita. Di che cosa state riempiendo la loro mente, il loro cuore e la loro vita? Non si tratta solo di assicurarvi che stiano imparando le loro lezioni scolastiche. Si tratta dell’amore che dimostrate loro, dell’esempio che impartite, del modo in cui vi comportate con loro, del vostro atteggiamento, del vostro sorriso e molto altro. Che cosa guadagneranno i vostri figli da questa giornata? Aggiungerà qualcosa ai fondamenti della loro vita? Sapranno dentro di sé che avete ottenuto qualcosa di buono in cambio di quel giorno della vostra vita, grazie a quello che ha portato o aggiunto alla loro? Forse non sempre vi accorgerete che i vostri sforzi stanno facendo una differenza. Alcuni giorni sì, altri invece sono duri. In quei momenti, guardate i vostri piccoli. State investendo in loro i giorni della vostra vita. State dando il vostro tempo, la vostra vita, il vostro amore e le vostre capacità in cambio di dividendi duraturi nella loro vita. --Gesù, in profezia Text courtesy of Anchor. Photo by Bill Branson (Public Domain) via Wikimedia Commons.
L’arte della lode, che nel gergo psicologico attuale è definito rinforzo positivo, è un’arte essenziale da imparare per un genitori o un insegnante. ... Gli adolescenti che vengono nel mio ufficio mi ripetono sempre: “Mio padre se la prende con me quando vado male a scuola, ma se arrivo a casa con un bel voto fa finta di niente, come se avessi finalmente fatto il mio dovere”. Fermatevi un po’ a pensare. Da quanto tempo non dedicate 60 secondi a parlare a vostro figlio o vostra figlia di qualche cosa di buono che hanno fatto? —Alan Loy McGinnis
*** Un’infermiera mi fece entrare nella stanza dove giaceva mia nonna. In quel letto d’ospedale sembrava così piccola. Stavo per entrare in seminario ed avevo la mente piena di dubbi. Avevo appena rinunciato a frequentare la facoltà di medicina e tutti pensavano che stessi facendo un errore. Avevo un bisogno disperato di un consiglio da mia nonna, ma l’infermiera mi aveva avvertito che non le era rimasta molta forza. Passò mezz’ora e mia nonna non si era ancora mossa, così cominciai a parlarle. Improvvisamente lei si svegliò e chiese: "Danny, sei tu?" Mi disse che tutta la sua vita era stata guidata dalla fede. Pochi minuti dopo l’atmosfera della stanza era piena di pace. Diedi un bacio alla nonna e feci per andarmene, ma le sentii sussurrare alcune parole di commiato. Mi abbassai per ascoltare: “Ho fiducia in te”, mi disse. Mia nonna morì quella stessa notte, ma in oltre 26 anni di lavoro come psicologo cristiano ho ripetuto quelle parole molte volte. Quattro piccole parole possono fare una differenza enorme. —Dan Montgomery *** Una settimana prima di morire, quando io frequentavo l’università, mio padre mi prese da parte e mi mostrò una scatola piena di ritagli di giornali e di riviste, con articoli che lui aveva scritto e che aveva nascosto lì. Quando gli chiesi con sorpresa come mai non me li avesse mai fatti vedere prima, lui rispose: “Tua madre mi ha sempre scoraggiato dallo scrivere, perché non ho un’istruzione superiore, così l’ho fatto di nascosto da lei”. Mia madre non intendeva scoraggiarlo, ma aveva fatto un’affermazione che le sembrava logica: se non hai un’istruzione, non dovresti scrivere. Mio padre non si era lasciato abbattere da questo atteggiamento, ma aveva “nascosto la sua lampada sotto il moggio”. Mi disse che aveva scritto un articolo per la rivista Advance, che però non era stato pubblicato. “Si vede che questa volta ho mirato un po’ troppo in alto”, mi confidò. Rimasi toccata dal fatto che mi avesse parlato del suo interesse e dell’articolo che aveva mandato ad Advance. Pochi giorni dopo mio padre ebbe un infarto e morì in una stazione della metropolitana di Boston. Il giorno del suo funerale uscì il nuovo numero della rivista Advance — con il suo articolo. Se non fosse stato per le sue confidenze non avrei mai aperto quel numero. Ora ho incorniciato l’articolo insieme ad una foto di mio padre e lo tengo appeso nel mio studio. Ogni volta che lo vedo mi chiedo quanta strada quell’uomo avrebbe potuto fare come scrittore, se qualcuno avesse creduto in lui. Viviamo in un mondo scoraggiante, pieno di persone che ci sminuiscono. Possiamo illuminarne l’oscurità con queste semplici parole: “Ho fiducia in te!” —Florence Littauer |
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