Di Saskia Smith A gli occhi di un bambino non esiste al mondo una persona più bella della sua cara mamma. I bambini piccoli non giudicano la propria mamma per la sua eleganza. il suo gusto per i gioielli, la sua perfetta manicure o permanente. Non notano neanche le smagliature o i capelli grigi. Le loro testoline sono ignare di tutte quelle cose che tendono ad alterare la percezione e le aspettative degli adulti in fatto di bellezza, per cui sono i migliori giudici di quello che rende veramente bella una donna. Dove trovano la bellezza i bambini? – Negli occhi che provano orgoglio per i loro successi, nelle labbra che esprimono incoraggiamento e che li istruiscono, in quei baci che rendono sopportabili le piccole ferite, nella voce rassicurante che li rimette a dormire dopo un brutto sogno, nell’amore che li avvolge e nel calore di un abbraccio. Ma da dove viene una tale bellezza? — La maternità porta con sé uno spirito di abnegazione e l’abnegazione genera uno spirito più umile; da uno spirito umile fiorisce la grazia e dalla grazia sboccia la vera bellezza. Una madre è la personificazione della vita, dell’amore e della purezza nel suo donarsi ai suoi bambini; in tutto questo riflette l’amore di Dio per i suoi figli. Ecco la ragione per cui credo che nulla renda una donna più bella dell’essere mamma. Articolo pubblicato originariamente nella rivista Contatto. Usato con permesso.
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Maria Fontaine, adattato Alcuni mesi fa eravamo su un aereo e c’era una bambina di circa dieci o undici anni, seduta nella fila davanti a me dall’altro lato del corridoio. Aveva un bellissimo album da colorare che ovviamente sua madre aveva portato apposta per il volo. Nella stessa fila c’era un’altra bambina, più o meno della stessa età, il cui padre era seduto nella fila alle sue spalle. Lei non aveva nessun album da colorare, anzi sembrava che non avesse nulla che la tenesse occupata. La bambina con l’album era impegnata a colorare, con tutti i pastelli sparsi sul tavolino, mentre l’altra li osservava con desiderio. Mi è dispiaciuto per quest’ultima, così ho pregato che l’altra si sentisse ispirata a togliere una pagina dal suo bell’album e darglielo. E infatti dopo un po’ l’ho vista strappare un foglio e darlo alla sua vicina insieme a qualche pastello. Mi sono piegata in avanti e le ho detto che era stato davvero un bel gesto condividere il suo album. Il suo viso si è illuminato ed è stata chiaramente contenta che qualcuno avesse notato il suo gesto. Non so fin dove arriverà quel piccolo scambio di parole, ma mi piace pensare che la prossima volta che dovrà decidere di condividere qualcosa, si ricorderà della signora che era orgogliosa di lei per aver preso la decisione giusta. Tutti desiderano incoraggiamento. C’è una domanda che possiamo farci: “Che cosa posso dire a mio figlio, per aiutarla in qualche modo? Qualcosa che possa sollevare il suo spirito, allietare la sua giornata, farla sentire apprezzata, stimata e meritevole, farle sentire che quello che fa è importante?” Anche gli conversazioni con tuo bambino più brevi possono offrire «una parola detta al tempo giusto» (Proverbi 11,25), qualcosa che dia vostri bambino fede in se stessa. Adattato da un articolo pubblicato nella rivista Contatto.
Josie Clark Penso di essere stata colpevole di aver detto troppe volte "mi dispiace" e quindi di aver dato l’idea sbagliata ai miei figli. Anni fa, per esempio, quando il mio maschietto di cinque anni cadde dalla bicicletta, gli dissi che mi dispiaceva. Gli avevo spiegato di non salire sulla collina con la sua bicicletta usata che gli avevamo appena preso, finché suo padre non avesse controllato i freni e gli avesse insegnato a usarli; ma lui ci andò lo stesso. I freni funzionavano, ma scendendo la collina non sapeva bene cosa fare. Fece la discesa a tutta velocità e uscì di strada, infilandosi in un campo di granoturco, poi piombò di nuovo sulla strada e finì per cadere sull’asfalto. Non si ricorda niente dopo di quello, ma lo trovammo con un taglio sul mento, che richiedette alcuni punti. Quando arrivai sulla scena dell’incidente gli dissi che mi dispiaceva per lui. Certo che mi dispiaceva. Mi sentivo in colpa per non essere stata più attenta a quel che faceva. Mi sentii male per lui mentre lo portavamo di corsa all’ospedale. Provo ancora dispiacere ogni volta che rivedo la cicatrice sul suo mento. Per qualche motivo, però, il fatto di avergli detto che mi “dispiaceva” portò ad un fraintendimento. Alcune settimane fa riparlammo di questo avvenimento risalente ad alcuni anni addietro e lui pensava ancora che in qualche modo l’incidente fosse avvenuto per colpa mia. Non si ricordava l’avvertimento che gli avevo dato. Si ricordava solo che avevo detto che mi dispiaceva, il che per lui all’epoca aveva voluto dire che era colpa mia, non sua. È facile prendere questa abitudine a chiedere scusa, ma si può trasformare in un modello per cui gli adolescenti danno ai propri genitori la colpa delle conseguenze delle loro decisioni sbagliate. In realtà, se i genitori hanno fatto il loro lavoro insegnando ai figli a prendere decisioni intelligenti e responsabili, allora, quando succedono degli incidenti o qualcosa va storto, di solito è colpa dei figli per non aver dato ascolto ai genitori. Mi dispiace che mio figlio abbia disubbidito. Mi dispiace che si sia fatto male. E mi dispiace di aver permesso questo fraintendimento. Mi dispiace di aver detto che mi spiaceva. Avrei dovuto dire: “Mi spiace che tu abbia disubbidito. Mi spiace che tu non abbia dato ascolto. Mi spiace che sia successo, ma sono sicura che tu abbia imparato una buona lezione e che non rifarai lo stesso sbaglio”. Il lieto fine della storia è che sono riuscita a chiarire questo malinteso con mio figlio, che ora è un adolescente alle prese con decisioni molto più importanti di dove andare in bicicletta. Sa che avrà sempre il mio aiuto, il mio amore e la mia comprensione, ma capisce anche che alla fin fine è lui che deve assumersi la responsabilità delle sue decisioni. Articolo gentile concessione della rivista Contatto.
Quasi due secoli fa la gente seguiva le notizie delle conquiste di Napoleone con il fiato sospeso. Nel frattempo tra di loro nascevano molti bambini. Ma chi poteva pensare ai bambini? Tutti pensavano solo alle battaglie. Eppure solo nel 1809 vennero al mondo numerosi bambini destinati ad una vita illustre: William Gladstone, considerato da molti il più grande statista inglese del diciannovesimo secolo; Abraham Lincoln, uno tra i più famosi presidenti degli Stati Uniti; Alfred Lord Tennyson, famoso poeta inglese e Louis Braille, l’inventore del diffusissimo sistema Braille di lettura per i ciechi, anch’egli privo del dono della vista! Nessuno allora pensava ai bambini, ma solo alle battaglie. Eppure quali battaglie del 1809 contarono più dei bambini nati in quell’anno? Alcuni pensano che Dio possa mandare avanti il mondo solo con ingenti battaglioni, mentre egli invece usa i bambini! Quando c'è un male su cui trionfare, o una verità da diffondere, Dio affida il compito ad un neonato! Text copyright © TFI. Il film “La forza della volontà” narra la storia di Jaime Escalante, un immigrante boliviano negli USA che insegnava alla Garfield High School, nei quartieri poveri di Los Angeles. Ottenne dei notevoli risultati con studenti noti per essere particolarmente difficili. Una storia che il film non racconta è quella dell’“altro Johnny”. Escalante aveva due studenti di nome Johnny nella sua classe. Uno aveva sempre i voti migliori, l’altro quelli peggiori. Il primo era cordiale, collaborava con gli insegnanti, lavorava sodo ed era simpatico a tutti gli altri studenti. Il secondo Johnny era astioso e arrabbiato, non collaborava, disturbava e in generale era antipatico a tutti. Una sera, a una riunione genitori-insegnanti, una madre si avvicinò emozionata a Escalante e gli chiese: “Come va il mio Johnny?” Escalante pensò che la madre del secondo Johhny non avrebbe certamente fatto una simile domanda, così descrisse il primo Johnny in termini entusiastici, dicendo che era uno studente fantastico, simpatico ai compagni di classe e cooperativo, uno che lavorava sodo e che avrebbe senz’altro fatto strada nella vita. La mattina dopo, Johnny – il secondo – si presentò a Escalante e gli disse: “Sono veramente grato per quello che ha detto di me a mia madre. Voglio solo dirle che mi metterò a studiare sul serio perché quello che ha detto diventi realtà”. Alla fine di quel semestre se la cavava già bene e alla fine dell’anno scolastico era nella lista d’onore dell’istituto. Se trattiamo vostri figli come se fossero l’“altro Johnny”, è estremamente probabile che migliorino le loro prestazioni. Qualcuno potrebbe giustamente dire che la maggior parte delle persone che hanno raggiunto il successo è stata spinta dagli incoraggiamenti piuttosto che dai brontolii. Questo esempio ci spinge a chiederci cosa succederebbe a tutti gli “altri Johnny” del mondo, se qualcuno dicesse qualcosa di veramente buono su di loro. —Zig Ziglar ***** Tutti hanno bisogno e vogliono essere apprezzati per i loro risultati. Un bambino che giocava a freccette col padre disse: “Giochiamo a freccette. Io le tiro e tu dici: ‘Bravo!’” Ecco quello che una persona incoraggiante fa per gli altri. Di solito tendiamo a diventare ciò che la persona più importante nella nostra vita pensa che potremmo essere. Pensate il meglio, credete il meglio e dite il meglio degli altri. Le vostre affermazioni non solo vi renderanno più attraenti ai loro occhi, ma vi permetteranno di avere un ruolo importante nel loro sviluppo personale. —John C. Maxwell Per gentile concessione di www.anchor.tfionline.com. Usato con permesso. Ogni cambiamento positivo, per piccolo che sia, cambia il mondo in meglio. Possiamo farlo migliorando la vita delle persone intorno a noi, mediante gesti di affetto e considerazione e dimostrando fede in loro. Ecco alcuni suggerimenti pratici per aiutarti a cominciare a cambiare il mondo un cuore alla volta: • Incoraggia le buone qualità. Cerca di pensare ad almeno una cosa eccezionale che trovi in tuo bambino, poi fai di tutto per farglielo sapere. Non tirarti indietro; non si stancherà di sentirtelo dire. Quel che fai è costruire la sua fiducia in quel campo specifico, poi, man mano che acquista fiducia, comincerà a migliorare anche in altri campi. • Rendili responsabili. Affida loro responsabilità nei punti in cui sono particolarmente forti. Fai in modo che si sentano necessari, apprezzati e degni di fiducia. • Apprezzali per ciò che sono. Apprezzare vostri figli per quello che fanno è importante. A tutti piace essere ringraziati, ma esserlo per una caratteristica personale dà una sensazione più piacevole che esserlo solo per i risultati ottenuti. • Rallenta. Ci vuole tempo per vedere tuo bambino sotto una luce nuova. Vai più piano nei tuoi rapporti con gli altri e dà a Dio l’opportunità di rivelare il suo modo di vedere le cose. • Lascia stare il passato. A nessuno piace essere etichettato. Sii disposto a vedere tuo bambino per quello che è oggi, o per quello che può essere domani. Adattato da un articolo pubblicato nella rivista Contatto. Basato sugli scritti di David Brandt Berg Il segreto di crescere dei bambini felici, adattabili e ben educati è in realtà piuttosto semplice: l’amore; ma comprendere come mettere in pratica quell’amore non è sempre chiaro o facile. Ecco dieci suggerimenti che sicuramente vi saranno d’aiuto.
Pubblicato originariamente nella rivista Contatto. Usato con permesso. Foto (c) 123RF Stock Photos Samuel Keating Per il primo compleanno di mia figlia Audrey, mia moglie ed io avevamo progettato una festicciola con alcuni amici e parenti a casa nostra; invece finimmo per avere un evento sfarzoso nel ristorante gestito dai suoi nonni. Bisogna ammettere che probabilmente era più a vantaggio di tutti gli altri. Audrey passò la maggior parte del tempo osservando cautamente gli avvenimenti dalla sicurezza delle braccia di qualcuno e rifiutò assolutamente di posare per le foto davanti alla sua candelina solitaria, nonostante molti tentativi d’incoraggiamento (o forse proprio a causa di ciò). Si parla sempre di come vola il tempo e a me sembra proprio così. Forse è perché sto invecchiando. Quando ero piccolo, i giorni, le settimane e i mesi – per non parlare degli anni – sembravano passare troppo lentamente; adesso sembra che siano passate poche settimane da quando ho visto Audrey per la prima volta. Mi ricordo così bene quel giorno, insieme a tutte le mie prime impressioni ed emozioni quando vidi l’infermiera farle il primo bagno e quando poi si addormentò per la prima volta tra le mie braccia. Prima che nascesse, spesso avevo sentito altri genitori parlare della gioia di avere dei figli, ma non ne ero tanto convinto. Credevo che quei genitori pensassero sul serio di essere felici, ma non riuscivo a capire perché. Non avevano una vita più stressata, stancante e frenetica di prima? Non avevano meno tempo libero? Non si sentivano in imbarazzo quando i loro bambini capovolgevano un piatto pieno di cibo, logorati dal loro piagnucolio quando erano stanchi, e infastiditi dalla loro appiccicosità o dalle loro ripetute disubbidienze? Ero certo che io lo sarei stato. Anche se mi piaceva stare con i bambini degli altri, valutavo troppo il mio tempo e le mie comodità per averne uno io. Adesso invece non posso immaginare la mia vita senza Audrey. Ogni sorriso, ogni risatina, ogni nuova scoperta che fa, ogni nuovo giocattolo che impara a usare, ogni verso d’animale che riesce a imitare, mi riempie di grande felicità e gratitudine per la sua presenza nella mia vita. La sua ultima scoperta è che uno strillo acuto è una maniera efficace di attirare la mia attenzione quando vuole che giochi con lei o che le legga un libro, ma nemmeno questo riesce a sottrarre qualcosa all’amore che provo per lei o alla gioia che mi dà. Per gentile concessione della rivista Contatto. Usato con permesso.
D.B. Berg Vale la pena di essere bambini. Anzi, Gesù disse: “Se non … diventate come piccoli fanciulli, voi on entrerete affatto nel regno dei cieli” (Matteo 18,3) e “lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché loro è il regno di Dio” (Marco 10,14). Dobbiamo essere come bambini affettuosi, dolci, con una fede infantile pronta a credere e ricevere tutto ciò che il Signore vuol darci. I bambini sono esempi dei cittadini del Paradiso, come piccoli angeli caduti dal Cielo. Arrivano freschi freschi dal Cielo, quindi capiscono la preghiera e gli altri argomenti spirituali meglio di molti adulti. Parlano a Dio e Lui parla loro. È semplicissimo. Non hanno assolutamente problemi a farsi capire da Lui, con la loro fede pura, semplice e infantile. Ai bambini è dato di essere ricchi in fede. Avere fede è una cosa naturale per loro. Hanno fede di credere a qualsiasi cosa Dio dica; per loro niente è impossibile. Il problema della maggior parte degli adulti è che sanno troppo. La loro istruzione li ha privati della loro fede infantile; ma ci sono altri, pieni di fede e fiducia infantile, che ogni giorno fanno cose che secondo gli intellettuali dubbiosi sono impossibili. Quindi siate come bambini – e qualsiasi cosa meravigliosa potrà accadere! Pubblicato originariamente nella rivista Contatto. Usato con permesso. |
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